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Che pasta mangiamo? Ce lo spiega il Dottor Mario Marani.

by Mariagiovanna Elmi on 19 settembre 2017 , 1 comment

Ho intervistato il Dottor Mariani perché è un grande conoscitore di grani e di pasta essendo uno specialista di Nutraceutica.
Come voi sapete sono una donna che ha cura di quello che mangia – e mi piace mangiare bene – e mi piacerebbe approfondire con lui e con
voi alcuni aspetti.

Dottor Mario Marani, specialista.

Dottor Marani ci racconta come sono nate le varie mutazioni del grano dal secolo scorso?

“Come farmacista e dottore magistrale in Scienza della nutrizione umana mi sono specializzato nel campo
della nutraceutica: il potere del cibo, soprattutto quello dimenticato come il grano antico, di prevenire e
curare patologie.

L’agronomo e genetista Nazareno Strampelli volle modificare il grano nella stazione sperimentale di
Granicoltura di Rieti per aumentare la precocità, aumentare la resistenza all’allettamento e alle malattie
funginee.
Incrociò il grano Rieti italiano con la varietà olandese Wilhelmina Tarwe e la giapponese Akokomugi dando
la luce nel 1913 al grano Ardito.
Nel 1923 incrociò una varietà tunisina dando luogo al Senatore Cappelli che, nel 1974, all’Enea di Roma fu
bombardato con raggi gamma per aumentarne la produttività che balzò dai 15 quintali per ettaro delle
varietà antiche agli 80 delle produzioni moderne.
Fu incrociato con una varietà messicana per arrivare al moderno grano Creso, con un corredo genetico
molto complesso e con un elevato numero di cromosomi, rispetto ai 14 dell’antichissimo Farro monococco,
i cui resti sono stati reperiti nello stomaco di Oetzi, uomo ritrovato in Suedtirolo e vissuto 3300 a.C.
Successivamente è stato modificato anche il livello di forza del glutine, per aumentare la lavorabilità degli
impasti alimentari.”

Che cosa ne è derivato?

“Il risultato è una appiattimento della biodiversità con una produzione attuale di poche decine di varietà
rispetto alle 250.000 esistenti in natura.
In Italia il consumo quotidiano procapite di glutine è molto elevato, nell’ordine dei 10-20 grammi.
La maggiore quantità di glutine è contenuta nel grano tenero e in Italia nel 2015 ne sono state importate
4,3 milioni di tonnellate.”

Tutto questo ha scaturito delle patologie?

“Un dato epidemiologico che deve far riflettere è l’esplosione di casi di celiachia, in Italia al 31.12.2013
erano 164.492 a fronte dei 600.000 probabili e non ancora diagnosticati.
Sono, inoltre, aumentati di 20 volte i casi di morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa negli ultimi dieci anni.
Sarebbe il caso intervenire con una campagna di prevenzione con un ritorno all’uso di prodotti derivati dai
grani antichi, non geneticamente modificati ed antecedenti alla rivoluzione verde degli anni 60.
Questi hanno un glutine meno aggressivo, con un assetto proteico completamente differente da quello dei
grani moderni, che hanno un contenuto elevato di Amilopectina A che provoca bruschi rialzi della glicemia
con conseguenze importanti su molte funzioni fisiologiche.
Il succitato Farro monococco, ad esempio, è un semplice diploide che contiene il 18% di proteine e ricco di
carotenoidi, antiossidanti e precursori della vitamina A. Nel corredo cromosomico non ha il genoma D
contenuto negli alimenti con glutine, non ha il peptide P 31-43 ad attività citotossica e ha il 30% in più di
grassi monoinsaturi utili per la prevenzione di patologie cardiovascolari.
Il grano moderno, inoltre, ha maggiore attività proinfiammatoria e provocare disbiosi con sintomatologia
come gonfiore, dolore addominale, dissenteria e aerofagia.
I frammenti di gliadina di un glutine aggressivo attaccano la mucosa intestinale con produzione di citochine
pro infiammatorie.
Le farine di grani antichi, ottenute con molitura in pietra a rotazione non superiore ai 100 giri al minuto che
mantiene inalterata la ricchezza di vitamine e Sali minerali, vanno poi lavorate con il lievito madre anziché il
lievito di birra che accelera i tempi di lievitazione ma ne crea, spesso, effetti indesiderati.”

Quindi non ci fa bene mangiare pasta lavorata con “farine moderne”?

“Considerando che in Italia procapite esiste un consumo annuo di 24,5 chili di sola pasta, sarebbe
auspicabile un ritorno a paste e derivati da farine di grani antichi con maggiori proprietà salutistiche e che,
per fortuna, in molte zone d’Italia si stanno riscoprendo e coltivando.”

 

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